Una Voce Sana è Bella: La Rubrica
a cura di Sabrina Messina
Estensione, tessitura e le sei principali classi vocali
Prima di addentrarci nell’argomento della classificazione vocale, dobbiamo chiarire alcune nozioni chiave, ed è d’obbligo effettuare un’opportuna distinzione tra il concetto di estensione e quello di tessitura. Parliamo di estensione quando indichiamo l’intera gamma di suoni e note, dalla più grave alla più acuta, che il cantante potenzialmente riesce a produrre, prescindendo dal risultato prettamente estetico. La tessitura, invece, comprende uno specifico range di suoni, che risulta essere molto più ristretto, all’interno del quale il cantante presenta una notevole qualità vocale, nonché un’assoluta comodità di emissione. In questa zona definita, l’artista si trova più a suo agio, riuscendo ad esprimere al massimo la sua potenza e il suo virtuosismo. Parlando ora di classificazione vocale, iniziamo affermando che la voce adulta è un carattere sessuale secondario. Come tale, dà luogo a due grandi classi nettamente distinte: quella maschile e quella femminile, la seconda delle quali si pone costantemente all’ottava superiore rispetto alla prima. Esiste una terza categoria rappresentata dalle voci bianche, ovvero dalle voci maschili e femminili ancora “pure” e non formate (i bambini prima della muta e le bambine prima del menarca, ovvero del primo ciclo). Le vocalità femminili e maschili vengono suddivise a loro volta in sei classi vocali principali o prototipi, all’interno delle quali vi sono specifiche in relazione alla timbrica, alla tipicità sonora, al repertorio maggiormente adatto.
Importanza della scelta del repertorio vocale
Vestire correttamente le proprie corde vocali
Dalla voce più grave a quella più acuta sono:
PER LE VOCI MASCHILI: basso, baritono, tenore;
PER LE VOCI FEMMINILI: contralto, mezzosoprano, soprano.
Tale suddivisione è però insufficiente e incompleta alle necessità della musica lirica, e si identificano di conseguenza altre sottoclassi. Ogni voce si divide a sua volta in: leggera o di coloratura, lirica e drammatica, per indicare soprattutto la portanza vocale di quella specifica voce, la “pesantezza” e la capacità virtuosistica.
Soprano
Partiamo dalle voci femminili.
Il soprano è certamente la voce più acuta, brillante delle voci femminili. La sua estensione classica è compresa tra un do3 e un do5. Ma nella pratica possiamo tranquillamente asserire che l’estensione generale di questa vocalità può partire da un sol/la2 ed arrivare in alto anche fino a un mi/fa5. Esistono diversi tipi di soprano:
- Di coloratura (voce più leggera e brillante, ricca di agilità e virtuosismi. Facilità estrema di acuti e sovracuti. Il volume della voce non si presenta molto grande, normalmente arriva fino al fa5. es. la Canzone della Bambola di Olympia di Les Contes D’Offmann).
- Leggero (timbro di voce molto chiaro e appunto abbastanza leggero – es. Gilda dal Rigoletto di G. Verdi).
- Lirico (voce più corposa e rotonda, meno leggera delle precedenti tipologie di soprano – es. Mimì dalla Boheme di G. Puccini).
- Spinto (voce dal grandissimo volume e dalla notevole intensità, timbro più scuro e corposo – es. Tosca dalla Tosca di G. Puccini).
- Drammatico (timbro scuro, gravi presenti, voce molto potente, spesso scambiato per mezzosoprano. Ruoli Macbeth da Macbeth e Abigaille dal Nabucco di G. Verdi, Santuzza dalla Cavalleria di P. Mascagni).
- Drammatico di coloratura (caratteristiche che uniscono il drammatico e quello di coloratura. Potenza e agilità – es. Aria della regina della notte del Flauto Magico di W. A. Mozart).
- Falcon (unione tra soprano e mezzosoprano, acuti facili e presenti ma anche note gravi del mezzosoprano. Timbro ambrato e scuro. Canta ruoli da spinto – drammatico, in tarda età potrebbe anche affrontare il repertorio del mezzo).
Mezzosoprano
Per quanto concerne il mezzosoprano, ovvero la voce che sta a metà tra il soprano e il contralto, possiamo dire che si posiziona come estensione classica tra il sol/la2 e il la/si4. Nella pratica, però, possiamo osservare che voci di mezzo possono anche inquadrarsi dal mi/fa2 al si4/do5. Anche in questo caso distinguiamo diverse sottocategorie:
- Leggero o di Coloratura: voce duttile, molto agile, con capacità virtuosistiche. Può anche arrivare al do5, ovvero al do sovracuto. Un esempio potrebbe essere “La Cenerentola” di G. Rossini oppure “Romeo di Capuleti e Montecchi” di V. Bellini, “Rosina” dal “Barbiere di Siviglia” di G. Rossini, “Dorabella” dal “Cosi Fan tutte” di W.A. Mozart, “Cherubino” dalle “Nozze di Figaro” di W. A. Mozart, “Leonora” dalla “Favorita” di G. Donizetti.
- Lirico o Centrale: voce calda, legata, piena, vocalità cantabile. Esempio: ruoli come “Laura” dalla “Gioconda” di A. Ponchielli, “Principessa di Bouillon” di “Adriana Lecouvreur” di F. Cilea.
- Drammatico: voce abbastanza scura, pesante, imponente, dal volume particolarmente intenso. Spazia da “Amneris” dall'”Aida” di G. Verdi ad “Azucena” dal “Trovatore” di G. Verdi, da “Dalila” dal “Sansone e Dalila” di C. S. Saens, a “Carmen” dalla “Carmen” di G. Bizet, alla “Principessa d’Eboli” del “Don Carlos” di G. Verdi, fino ad arrivare a Wagner.
Contralto
Il contralto è invece la vocalità femminile più grave. Per quanto concerne la sua estensione classica, va da fa2 al fa4, ma anche in questo caso possiamo notare come nella pratica dei vari repertori, questo tipo di vocalità può avere escursioni vocali particolari e diverse, comprese tra il do2 e il la4. In Rossini, il termine contralto (contralto rossiniano) indica in realtà la voce di mezzosoprano.
Tenore
Parlando invece delle voci maschili, quella del tenore risulta essere la più acuta in assoluto. La sua estensione classica va dal do2 al do4. Nella pratica del repertorio può anche collocarsi tra il sol/la1 e il re4. Distinguiamo:
- Tenore leggero o di grazia: voce leggera, dal timbro chiaro, agile, adatto al virtuosismo, volume abbastanza limitato. Esempi: “Don Ramiro” dalla “Cenerentola” di G. Rossini, “Lindoro” dall'”Italiana in Algeri” di G. Rossini, “Nemorino” dall'”Elisir d’Amore” di G. Donizetti.
- Lirico o Centrale: voce calda, pastosa, repertorio cantabile e legato. Esempi: “Il Duca di Mantova” dal “Rigoletto” di G. Verdi, “Pinkerton” dalla “Madama Butterfly” di G. Puccini, “Alfredo Germont” dalla “Traviata” di G. Verdi, “Rodolfo” dalla “Boheme” di G. Puccini.
- Spinto o Drammatico: colore scuro, potenza e intensità vocale notevole. Esempi: “Don Josè” dalla “Carmen” di G. Bizet, “Turiddu” dalla “Cavalleria Rusticana” di P. Mascagni, “Cavaradossi” dalla “Tosca” di G. Puccini.
- Baritenore: vocalità che sta tra il tenore e il baritono. Tessitura centrale.
Baritono
Il baritono è la voce di mezzo tra il tenore e il basso. La sua estensione classica o standard si aggira tra il sol1/la1 e la3. Anche in questo caso è possibile trovare baritoni che scendano fino al mi/fa1 e salgano fino al si3. Elenchiamo le seguenti sottocategorie:
- Leggero: timbro chiaro, voce agile, non molto potente, capacità virtuosistiche. Esempio: “Figaro” dal “Barbiere di Siviglia” di G. Puccini.
- Lirico: voce piena, pastosa e adatta al cantabile e al legato. Esempio: “Belcore” dall'”Elisir d’Amore” di G. Donizetti.
- Lirico Spinto o Drammatico: voce voluminosa e potente, timbro scuro. Esempi: “Giorgio Germont” dalla “Traviata” di G. Verdi, “Simon Boccanegra” dal “Simon Boccanegra” di G. Verdi, “Rigoletto” dal “Rigoletto” di G. Verdi, “Scarpia” dalla “Tosca” di G. Puccini.
- Basso Baritono: a cavallo tra le due voci. Esempi: “Escamillo” dalla “Carmen” di G. Bizet, “Figaro” dalle “Nozze di Figaro” di W. A. Mozart, “Don Giovanni” dal “Don Giovanni” di W.A. Mozart.
Basso
La voce del basso è la voce più grave tra le voci maschili. La sua estensione standard va da un range compreso tra il fa1 e il fa3. È possibile anche trovare vocalità che si estendono fino al si0/do1 e arrivano fino al sol3. Distinguiamo:
- Basso buffo o leggero: repertorio comico, voce molto agile, leggera e chiara. Esempio: “Don Bartolo” dal “Barbiere di Siviglia” di G. Rossini.
- Basso Baritono (vedi Baritono).
- Basso profondo: voce estremamente scura, grave e penetrante. Potrebbe scendere addirittura fino al Do1. Esempio: “Sarastro” dal “Flauto Magico” di W. A. Mozart.
Repertorio e muta vocale: Importanza e attenzioni
Un fattore molto importante da attenzionare sempre risulta essere la scelta del repertorio, che deve necessariamente essere giusto e comodo. Molto spesso si commettono errori di valutazione e di assegnazione dei brani di repertorio. Un metodo infallibile, insieme alla valutazione tramite ascolto della voce parlata e vocalizzi vari al pianoforte, resta sempre la visita foniatrica con laringoscopia per definire bene l’estensione del paziente o cantante. Sbagliare repertorio significa vestire male le proprie corde vocali, sforzarle e affaticarle a volte in maniera irreversibile. È necessario e salutare capire bene le nostre potenzialità ma anche i nostri limiti per evitare di incorrere in problemi e patologie molto fastidiose. I brani sono paragonabili a degli abiti da indossare. Se si veste una taglia S, indossare la L non conviene, il vestito non cadrebbe bene, starebbe largo e fuori forma. Stessa cosa al contrario. I brani giusti permettono alle nostre corde vocali di mantenersi sempre in salute ed evidenziano le nostre qualità e capacità vocali al massimo. Le canzoni o le arie giuste permettono alla nostra voce di brillare, di esprimersi al massimo nella assoluta igiene ed economia vocale. A tal proposito risulta essere di fondamentale importanza la scelta dei brani per le voci bianche. I bambini presentano una laringe più corta rispetto agli adulti e la muta della voce non è ancora attuata (si noterà aumento della peluria, sviluppo ormonale e sessuale, modifiche della laringe e delle corde, alterazioni endocrine). Pertanto bisogna stare attenti ed essere molto cauti. Durante il percorso della muta, attenzionare anche il fenomeno della muta alterata, ovvero se è:
- Assente o incompleta (per carenza di ormoni).
- Precoce (disequilibrio estetico e interiore causato da farmaci, problemi all’ipofisi e anticipo della pubertà).
- Paradossa (o falsa muta, se il soggetto si sviluppa e cresce ma la muta non è ancora avvenuta).
In quale tessitura è meglio studiare all’inizio?
Per i principianti, è molto utile cominciare a cantare sempre nella tessitura definita “centrale”, ovvero in quella comoda per ogni voce. Ognuno sa e sente, anche se è alquanto digiuno di tecnica e non ancora molto esperto, in quale ambito riesce a cantare abbastanza “comodamente”. All’inizio del percorso di studio, i suoni troppo ai limiti, quindi o troppo gravi o acuti, possono essere pericolosi e dannosi per la salute delle corde vocali. Quando ancora non si conosce la tecnica e quindi non si gestisce appieno l’organo fonatorio, è preferibile restare più “neutri” possibile. Piano piano, con il tempo e l’esperienza, si inizierà a sperimentare e a spingersi oltre per provare ad acquisire la giusta estensione.
Quando ci si approccia al discorso “classificazione vocale”, occorre necessariamente rivolgersi in primis a uno specialista del settore. L’insegnante di canto, in questa fase, non basta; il suo orecchio non può affatto essere affidabile al cento per cento. Una valutazione meramente acustica risulta non essere sufficiente. La figura del foniatra, soprattutto in questa fase, è necessaria e indispensabile per la valutazione vocale. Medico e docente devono sempre collaborare, essere a stretto contatto, accompagnare insieme il difficile e delicato percorso dell’allievo. Lo specialista, tramite la stroboscopia e in particolare grazie al fonetogramma, esame specifico e molto dettagliato, riuscirà a “catalogare” in maniera oggettiva e certa la voce. Successivamente, l’insegnante, tramite diversi test al pianoforte (vocalizzi nell’estensione di scale e arpeggi), confermerà l’esito refertato.
Una volta conosciuta e appurata la corretta categoria vocale di appartenenza, l’allievo o il cantante può tranquillamente esplorare il repertorio assegnato, pur restando fedele ad esso. Affrontare brani o arie o opere liriche fuori registro significa certamente forzare le corde vocali e portare la voce dove in realtà non deve assolutamente andare. Il cantante, o chi per lui, deve essere molto attento a non commettere errori di repertorio.
Il Registro Vocale
A questo punto, è importante affrontare anche il tema del registro, un argomento abbastanza complicato e discusso. Mentre i logopedisti e gli studiosi di fonetica dividono coerentemente la voce in quattro registri, i pedagogisti vocali sono divisi su questo tema. L’uso indiscriminato della parola “registro” ha causato molta confusione e controversie sul numero di registri nella voce umana all’interno dei circoli di logopedia. Questa controversia, in realtà, non esiste all’interno della patologia del linguaggio e delle altre scienze perché i registri vocali sono visti da un punto di vista puramente fisiologico che riguarda la funzione laringea. “Nella didattica della voce cantata, quando si parla di registro si intende una serie di suoni contigui di uguale timbro, prodotta da uno stesso meccanismo laringeo ed in rapporto equilibrato con particolari adattamenti delle cavità di risonanza” [10].
Un registro vocale è un evento laringeo, derivato da differenti pattern vibratori e caratterizzato da una gamma di suoni consecutivi uguali ed omogenei, aventi lo stesso timbro, quindi una gamma di toni nella voce umana prodotta da un particolare modello vibratorio delle corde vocali. Si verificano perché esse possono generare diversi modelli di vibrazione, ognuno dei quali appare all’interno di un particolare intervallo di frequenze chiamate pitch e produce certi suoni specifici e riconoscibili. Occorre prestare molta attenzione al passaggio di registro, in quanto risulta essere una transizione delicata verso lo step successivo.
I registri possono essere di diverso tipo e includono:
la laringalizzazione, la voce modale (o normale), il falsetto e il registro di fischio.
Registro interessato | Muscoli che lavorano |
---|---|
Falsetto | CricoTiroideo, InterAritenoideo obliquo |
Registro acuto o di Testa | CricoTiroideo |
Registro Modale | InterAritenoideo |
Grave | M. Vocale , M.TiroAritenoideo |
I pedagogisti vocali insegnano che, con lo studio e con la costanza, un cantante può muoversi senza sforzo da un registro all’altro con un tono semplice e coerente. I registri possono anche sovrapporsi mentre si canta. Tramite la tecnica del canto si deve riuscire a “neutralizzare” o meglio a “uniformare” i vari passaggi, rendendo tutte le note omogenee e facendo in modo che non si sentano gap, gradini o “buchi”. Non si deve mai avvertire una diversità tra i vari registri; la voce deve risultare sempre lineare, “uguale”, omogenea in ogni punto della sua estensione. Possiamo paragonare i passaggi di registro ai cambiamenti di marcia in un’automobile. Se il cambio non avviene in maniera graduale, la macchina si blocca e la guida non risulterà lineare ed omogenea, si avvertiranno scatti bruschi.
La laringalizzazione o voce laringea, o ancora registro laringeo (in inglese vocal fry register perché fa riferimento al suono dell’olio che frigge).
M0 – è il registro vocale in assoluto più basso e viene prodotto attraverso una chiusura glottale che consente all’aria di attraversarla con un suono abbastanza scoppiettante o vibrante di frequenza molto bassa. L’uso principale del fry all’interno del canto consiste nell’ottenere tonalità di frequenza grave che non sono disponibili nella voce modale. Questo registro può essere usato spesso terapeuticamente per migliorare la parte inferiore del registro modale, per acquisire quindi più gravi. L’esercizio del vocal fry è inoltre suggerito come manovra per ‘pulire’ le corde vocali da eventuali depositi di muco. Viene infine utilizzato anche come metodo di defaticamento delle corde vocali, in seguito a sforzo fonatorio. Per esempio risulta essere alquanto utile dopo una lezione molto intensa o un concerto.
La voce naturale o modale o ancora registro pieno.
M1 – è il registro utilizzato nella normale conversazione, nello speech, nel parlato e di conseguenza è quello che la maggior parte delle persone non ben educate vocalmente tendono a utilizzare anche nel canto. Essendo connesso alla zona grave dell’estensione e per la risposta vibratoria nella cassa toracica, viene anche definito registro di petto. Se tale registro viene forzato in altezza tonale diventa un vero e proprio grido. Alcuni lo utilizzano in determinati generi musicali come per esempio nel rock o nel musical. Il belting è proprio registro pieno portato e trainato verso l’acuto. In un certo senso il belting potrebbe essere paragonato a una voce parlata, o nei casi più forti, a quella urlata, intonando la voce nella maniera più naturale possibile, e cioè non impostata.
Il registro di testa o falsetto.
M2 – si trova sopra il registro vocale modale e si sovrappone ad esso di circa un’ottava. Nell’arte del canto il falsetto è l’emissione di suoni acuti con volume e intensità molto più leggera rispetto alla voce piena, meno calda, meno avvolgente, è anche più limitata nella variazione dinamica e nella qualità del tono rispetto alla voce modale. Si chiama falsetto perché risulta una voce “falsa”, diversa, più leggera (timbro vocale non vero). Grazie alla minore tensione muscolare, con il falsetto è possibile raggiungere facilmente note più acute rispetto alla voce di petto. Fussi scrive: “In tale modalità di fonazione, il sollevamento della laringe e la prevalenza d’azione della muscolatura cricotiroidea (con allungamento passivo delle corde vocali, senza contrasto da parte del muscolo tensore tiroaritenoideo), determinano la vibrazione del solo bordo libero delle corde vocali, con un tempo di contatto inferiore al 40% del singolo ciclo vibratorio. Il timbro vocale risulta perciò povero di armoniche (per la vibrazione del solo bordo), debole d’intensità (per la vibrazione del solo bordo e la riduzione della cavità di risonanza da sollevamento laringeo) e spesso correlato a sensazione percettiva di “fissità” (per rigidità di posizione della laringe su intervento della muscolatura estrinseca)”.
L’emissione di falsetto può essere anche involontaria, quando la laringe si sforza molto di produrre suoni più acuti di quanto può fare normalmente, producendo un caratteristico e repentino ‘slittamento’ di registro, oppure intenzionale, per creare degli effetti vocali particolari o come nel caso di determinati repertori specifici. A questo proposito, citiamo il Jodler, ovvero la tecnica conosciuta attraverso i canti popolari dell’aria alpina tedesca.
Con lo studio, i professionisti imparano a controllare la zona di passaggio dagli acuti in voce piena a quelli in falsetto; normalmente, infatti, non è innata la capacità di passare da un registro all’altro senza che sia evidente. Ma che differenza esiste tra falsetto e voce di testa?
In realtà, falsetto e voce di testa sono due tipi di emissione vocale che si collocano nella stessa area di risonanza, ovvero la testa. Le ossa del cranio sono i principali risuonatori. Sono strettamente legati alle note più acute del proprio registro. La differenza di emissione si percepisce nella qualità del suono.
Essendo il falsetto un suono limitante e disconnesso, viene spesso utilizzato come semplice effetto di passaggio. Attenzione a non utilizzarlo come tecnica per prendere gli acuti. Non può diventare un modo di cantare, deve restare un “effetto transitorio”.
Nel genere pop, questo suono è molto utilizzato e crea spesso uno stile ben definito e riconoscibile. Saperlo mischiare con il suono a voce piena dà un effetto interessante e molto “alla moda”, ma attenzione a non abusarne. Permette di raggiungere note molto acute, ma è povero di armonici, volume e corposità. Alcuni gruppi musicali come i Bee Gees o i Cugini di Campagna lo utilizzano invece come un vero e proprio stile musicale.
La voce di testa è invece un suono connesso, che mantiene la sua qualità, il suo corpo e il suo volume anche sulle note più alte, uniformandosi nell’estensione di un cantante.
Il registro di fischio
M3 – è il registro più alto in assoluto della voce umana. Prende questo nome perché il timbro delle note prodotte è simile a quello di un fischietto, mentre il registro modale tende ad avere un timbro più caldo, pastoso, meno acuto. Nel fischio laringeo, vibra esclusivamente l’epitelio, cioè la parte più interna della corda, e si verifica un innalzamento laringeo. Con un adeguato allenamento vocale è possibile sviluppare anche questa parte della voce. La cantante Mariah Carey, per esempio, fa un largo uso di questo tipo di registro.
Elenco delle tipologie di voce presenti
Caprina e Tremolante: caratterizzata da una vibrazione molto stretta e veloce, da rigidità articolatoria e da una respirazione non corretta. Questo tipo di voce spesso genera fastidio nell’ascoltatore.
Ballante o “che balla”: risulta essere l’esatto opposto della voce caprina ed è caratterizzata da una vibrazione molto larga e lenta, mancanza di sostegno e appoggio, infine da una respirazione non corretta.
Twang: La parola è un’onomatopea originariamente usata per descrivere il suono di una corda vibrante dell’arco dopo che la freccia è stata rilasciata. Per estensione, si applica alla vibrazione generata quando la corda di uno strumento musicale viene pizzicata. Indica la voce prettamente nasale. Il vocal tract è ristretto. La laringe è alta e le corde sono assottigliate. Il suono quindi diventa molto più chiaro, pieno, ricco di squillo, penetrante e brillante. Rappresenta una qualità diffusa nel genere country e nel musical. Nella musica leggera pensiamo, per esempio, al cantante Al Bano.
Chest/di Petto o Speech: voce parlata intonata, caratterizzata da una posizione neutra della laringe.
Growl: ringhio, suono sporco, scuro, gutturale generato da una tecnica tipicamente impiegata nel rock e nei sottogeneri estremi dell’heavy metal e dell’hardcore punk. Esprime rabbia, dolore, disperazione. È provocato da pressioni sottoglottiche alte, ottenute con estrema compressione violenta della parete addominale. Si spinge il diaframma con forza verso l’alto, mentre in contemporanea la laringe oppone una resistenza alta con le corde avvicinate tra loro. L’esito è la produzione di una voce cavernosa.
Screaming: voce urlata simile a un urlo esasperato, eseguita sporcando il suono e grattando sulle corde vocali.
Belting: È la qualità di canto che permette di produrre soprattutto in zona medio-alta dell’estensione, un suono estremamente squillante, sferzante, di grande intensità drammatica e volume notevole, pieno, potente, conferendo energia acustica alla voce. Si utilizza più massa cordale e si nota un contatto maggiore tra le corde. Se non eseguito con tecnica opportuna risulta una vocalità a rischio di traumi per le corde vocali. Tale emissione risulta molto intensa ed emozionante per il pubblico, perché dispendiosa e ricca di coinvolgimento fisico del cantante.
Lirica: voce impostata e sorretta dal fiato, morbida, controllata, caratterizzata dall’utilizzo della maschera e dei risuonatori naturali.
Legit: Suono educato, legittimato, impostato, colto, vicino al lirico ma microfonato.
Falsetto: Emissione di suoni acuti con volume e intensità più leggera rispetto alla voce piena. Nel falsetto vibra solo il bordo libero delle corde vocali, infatti si presenta come un suono più delicato, ma “falso”, debole di intensità, povero di armoniche e spesso correlato a sensazione percettiva di fissità.
Può essere puro (debole – pensiamo al cantante inglese Mika), “falsettone” (suono rinforzato, un falsetto con la posizione della laringe bassa) oppure “posturale” (falsetto con una leggera fuga di aria – pensiamo, per esempio, alla cantante Elisa).
Fry: voce appartenente al registro più basso della voce umana, prodotto attraverso un rilassamento della chiusura della glottide, che permette all’aria di scoppiettare con un suono schioccante di una frequenza molto bassa. La sua pratica è utile ai fini di igiene vocale e defaticamento dopo una performance, in quanto rilassa i muscoli e allontana le secrezioni mucose sulle corde. Il caratteristico risultato a livello percettivo è quello di un suono che “frigge”.
Soprano mezzosoprano contralto tenore